Nel 2021, anno di crescita delle esportazioni in tutti i settori della manifattura italiana negli Stati Uniti, il settore che ha registrato il maggior aumento è stato il comparto Moda ed Accessori che ha registrato un +58% rispetto all’anno precedente e un +34,6% rispetto al 2019, ovvero prima della pandemia. Il valore totale delle esportazioni italiane è stato pari a 12.085,6 milioni di dollari.
Nel complesso il comparto Moda e Accessori ha rappresentato il 19,8% del totale dell’export italiano verso gli Stati Uniti nel 2021, secondo solo al comparto della Meccanica che rappresenta il 24,7% del nostro export.
Tra i prodotti del comparto, crescono maggiormente rispetto all’anno precedente, l’Oreficeria e Bigiotteria(+75,4%), per un valore pari a 2.967,9 milioni di dollari, la Pelletteria (+74,5%), per un valore pari a 2.135,5 milioni di dollari, l’Occhialeria (+63,2%), per un valore pari a 1.478,3 milioni di dollari.
Crescono anche altri settori produttivi molto importanti del comparto Moda e Accessori come Calzature(+58,5%), Tessuti e Filati (+44,4%), Cosmetica (+36,4%), Abbigliamento (+35,7%) e Pelli e Pellicce(+20%).
Fonte: U.S. Department of Commerce (rielaborazione ICE New York)
Nel 2021, l’andamento degli scambi USA-Italia ha registrato un forte aumento (+19,4%)dopo il calo del-14,4% nel 2020 e +2,1% rispetto al 2019. L’Italia è riuscita quindi a guadagnare una posizione tra i partner commerciali degli USA, passando dal 15° al 14° posto, e una posizione anche rispetto ai Paesi europei, passando dal 7° al 6° posto dopo Germania, Regno Unito, Olanda, Irlanda e Svizzera.
In tale contesto, nel 2021 l’export italiano verso gli USA registra una forte crescita (+23,4%) rispetto al calo del -13,6% del 2020, superiore alla media mondiale ed europea, e guadagna una posizione, attestandosi a 12° paese fornitore degli Stati Uniti, e guadagnando leggermente anche in quota di mercato (2,2%), rispetto al 2,1% del 2020. I dati del 2021 segnano inoltre una crescita rilevante rispetto ai livelli pre-pandemici (+6,5% vs. 2019).
Gli Stati Uniti mantengono la posizione di 3° mercato di destinazione del nostro export. Nel confronto dei saldi di interscambio con i principali competitors, l’Italia nel 2021 ha registrato verso gli Stati Uniti un attivo di bilancia commerciale per $39,3 miliardi. Il valore totale dell’export italiano del 2021 è ammontato a 61 miliardi di dollari. Per l’Italia i settori trainanti sono stati: Meccanica (+27,2%), Moda e accessori (+58%) e Agroalimentari e bevande (+18,2%).
Per quanto riguarda l’andamento degli altri settori di importazioni USA dall’Italia nel 2021, con l’eccezione dei settori Chimica e farmaceutica (-0,3%) e Mezzi di trasporto (-2,5%), tutti i settori del Made in Italy hanno registrato forti riprese rispetto all’anno precedente, come Semilavorati e componenti (+43,9%) eArredamento e edilizia (+32%).
L’industria della ristorazione che si richiama alla cucina italiana negli ultimi anni ha registrato un’importante crescita negli Stati Uniti. Si calcola che le vendite annuali si aggirino attorno ai 79 miliardi di dollari. Sono oltre 70.000 i ristoranti USA che si definiscono italiani ed impiegano circa 1,3 milioni di lavoratori.
Tuttavia, è da considerare il fatto che i dati riportati da diversi istituti di statistica non distinguono tra quei ristoranti che offrono ai loro clienti piatti tradizionali italiani, creati utilizzando prodotti genuini, rispetto a quelle catene o ristoranti indipendenti che offrono una cucina che può essere considerata italo-americana. Nel computo totale vengono inclusi tutti le tipologie di ristoranti, comprese le grandi catene di pizzerie o altre catene, come Olive Garden, che non offrono un’esperienza autentica della cucina italiana.
In ogni caso, questi numeri sono interessanti perché se confrontati con le ultime rilevazioni del 2014, segnano un incremento notevole e un trend in crescita del desiderio del consumatore americano di apprezzare cibo italiano. Si pensi che nel 2014 le dimensioni del mercato si aggiravano intorno ai 62 miliardi di dollari. Quindi Inoltre, si registra una crescita del 7,8% del mercato nel 2022 e una crescita media annua del 4,4% tra il 2017 e il 2022 del giro d’affari della ristorazione italiana negli Stati Uniti.
Senza ombra di dubbio la forza lavoro americana sta cambiando se si considera la crescita mai vista prima di lavoratori americani che decidono di lasciare le loro posizioni di lavoro per diventare autonomi.
Secondo il report Freelance Forward: 2021, pubblicato dalla piattaforma specializzata nell’ambito del lavoro, Upwork:
59 milioni di americanihanno lavorato autonomamente negli scorsi 12 mesi, cifra che rappresenta il 36%, circa un terzo, della totalità della forza lavoro.
La quota di lavoratori autonomi non temporanei ha raggiunto livelli mai visti prima e la crescita è stata sicuramente spinta dalla pandemia, se si considera che la quota è cresciuta dal 33,8% al 35% tra il 2020 e il 2021.
Il freelancing è cresciuto maggiormente tra i lavori con i più alti livelli d’istruzione. Dei lavoratori laureati il 51% lavora autonomamente, +6% rispetto al 2020. Tra coloro invece che posseggono solamente un diploma di scuola superiore, il fenomeno si è ridotto dal 37% del 2020 al 31% del 2021.
Questi dati sono destinati a crescere nei prossimi mesi che coincideranno con il picco del cosiddetto “The Great Resignation”, ovvero quel fenomeno di massa che sta attraversando il mondo del lavoro americano, dove milioni di lavoratori lasciano volontariamente ogni mese il lavoro dipendente per soluzioni più autonome oppure, quando possibile, per anticipare la pensione.
Alcune indagini a campione rivelano come il 56% degli americani dipendenti sta considerando al momento di mettersi in proprio nel prossimo futuro. Si nota tuttavia come l’impatto economico del lavoro autonomo sia positivo sull’economia americana, generando un totale di $ 1,3 trillioni, +$ 100 milioni rispetto al 2020.
Questo fenomeno è sicuramente da imputare ad un cambio radicale della mentalità, in termini di priorità di vita, che sta avvenendo negli Stati Uniti, ma anche al nuovo potere contrattuale e negoziale che una classe di lavoratori particolarmente qualificata ha acquisito negli ultimi anni grazie al fenomeno del “The Great Resignation” e alla scarsità di talento nel mercato del lavoro statunitense.
Crescono le vendite al dettaglio negli Stati Uniti, anche grazie ad una rinnovata fiducia dei consumatori americani nel periodo delle festività, nonostante il vertiginoso aumento dell’inflazione. La crescita delle vendite nel periodo natalizio, che negli Stati Uniti viene considerato tradizionalmente dal 1° novembre al 24 dicembre, ha registrato un salto dell’11% rispetto al 2019, anno pre-Covid.
I dati, forniti da Mastercard nel report Mastercard Spending Pulse, mostrano una crescita dell’8,5% delle vendite al dettaglio rispetto all’anno precedente. Le vendite in store hanno registrato una crescita dell’8,1%, mentre crescono a ritmi significativi i dati dell’e-commerce, + 11%. Rispetto al 2019, gli ordini dell’e-commerce registrano un balzo del 61%.
Sul totale delle vendite, il 20,9% è stato realizzato su piattaforme online, rispetto ad una quota del 14,9% registrata nel 2019, evidenziando quindi come la pandemia abbia accelerato un trend già in qualche modo inevitabile verso l’online shopping.
Nonostante i timori legati alle consegne e ai servizi postali, la maggior parte dei regali è stata consegnata in tempo, grazie anche agli ordini anticipati da parte dei consumatori, e non si è verificata la congestione temuta delle aziende di delivery.
In generale, nonostante il lungo periodo considerato, il report di Mastercard evidenzia come il picco di transazioni sia avvenuto nel lungo weekend del Ringraziamento, grazie alle note e convenienti offerte previste nel weekend del Black Friday, con una crescita del 14% rispetto all’anno precedente.
Il 2021 ha visto chiudere le stime di crescita dell’inflazione ai massimi storici dal 1982, causata da una domanda crescente di beni di consumo da parte dei consumatori e dalla crisi diffusa della supply chain derivante dalla attuale situazione pandemica.
L’indice dei prezzi al consumo è cresciuto del 7% nel mese di dicembre, rispetto allo stesso mese del 2020, e del 6,8% nel mese precedente di novembre. Il trend di crescita dell’inflazione sembra consolidarsi intorno a valori che eccedono il 6%, mai così alti dagli anni 80.
I prezzi delle auto e di altri beni durevoli continuano a influenzare la crescita dell’inflazione, aiutati dagli squilibri di domanda e offerta derivanti dalla pandemia.
Un altro importante fattore a cui imputare questa crescita vertiginosa dell’inflazione è certamente l’aumento dei prezzi dell’energia, dovuto principalmente alle distorsioni del mercato causate dalla pandemia e dalla situazione geopolitica instabile di alcuni paesi, maggiori esportatori di queste materie prime.
Questa crescita repentina dell’inflazione è seguita anche da una rapida crescita dell’occupazione e dei salari: il Dipartimento del Lavoro americano stima che il tasso di disoccupazione sia calato dal 4,2% al 3,9% nel mese di novembre e che nel mese di dicembre il salario orario sia in media cresciuto del 4,7% rispetto all’anno precedente, con una crescita media del 3% rispetto ai livelli pre-pandemici. Al contempo, nel mese di dicembre, la National Federation of Independent Business ha registrato come il 49% delle piccole imprese stia pianificando un aumento dei prezzi nei prossimi tre mesi.
La variante Omicron ha rapidamente peggiorato le stime di crescita e rallentato l’economia. Molte fabbriche stanno adottando soluzioni molto costose per mantenere attive e al massimo della capacità le loro linee produttive, dovendo poi agire inevitabilmente sui prezzi al consumo dei loro prodotti. La crisi globale della supply chain ha quindi contributo a peggiorare la crescita dell’inflazione, in particolare nelle industrie che utilizzano i semiconduttori come l’automotive, i comparti del mobile e gli elettrodomestici. Recenti studi dell’Institute for Supply Management sembrano però evidenziare un parziale riassestarsi della crisi della supply chain mostrando un lieve calo nei tempi di consegna e nei prezzi nel mese di dicembre 2021.
Il prestigioso quotidiano online “LaRepubblica.it” ha dedicato un articolo a Meet US, l’evento digitale della Italy-America Chamber of Commerce Southeast pensato per le PMI italiane dei settori arredo e agroalimentare interessate ad accedere al mercato americano.
Meet Us, organizzato nella cornice del progetto Business Expert Channel, presenterà esperti di settore e testimonianze di manager ed imprenditori che dialogheranno sui più importanti aspetti strategici e operativi relativi all’espansione su un mercato di grande importanza per l’export italiano come quello degli USA. L’evento, gratuito ed in lingua italiana, si terrà nelle date 21, 22 e 23 aprile.
Con la campagna vaccinale che prosegue senza gli intoppi su forniture e logistica che si registrano al di qua dell’Atlantico, gli Stati Uniti sono proiettati sulla strada della ripresa post-pandemica. Negli ultimi giorni le stime relative al Pil 2021 sono state alzate al +6,5%, un livello da mercati emergenti, e questo fa tornare prepotentemente il Paese a stelle e strisce tra i più promettenti per l’export italiano.
L’iniziativa
È in questo contesto che la Camera di Commercio Italiana a Miami (Italy-America Chamber of Commerce Southeast) sta preparando un evento digitale, dedicato alle Pmi italiane interessate ad accedere al mercato degli Stati Uniti, con un focus specifico sui settori arredo-casa e agroalimentare.
Nel 2020 il valore totale delle nostre esportazioni nel settore arredamento ed edilizia è stato di 2,6 miliardi di dollari, inferiore dell’8,4% rispetto al 2019. Ma la ripresa è attesa già per quest’anno, con una prospettiva di crescita quinquennale nell’ordine del 24,4% sulla scia di un nuovo impulso edilizio e di una maggiore attenzione che i consumatori daranno alle proprie case anche come luogo di lavoro.
Quanto all’agroalimentare, è l’unico settore del nostro export che non ha registrato flessioni dovute alla pandemia, tanto che il 2020 si è chiuso con vendite per 5,52 miliardi, in progresso del 2,5% sul 2019. Prodotti come vino, olio d’oliva, pasta, formaggi, acque minerali e aceti importati dall’Italia hanno mantenuto una salda posizione di leadership sul mercato locale, che andrà confermata continuando a puntare sull’innovazione.
L’iniziativa, accessibile gratuitamente e in lingua italiana, vedrà il coinvolgimento di esperti del settore e testimonianze di manager e imprenditori che dialogheranno sui più importanti aspetti strategici e operativi relativi all’espansione su un mercato di grande importanza per l’export italiano come quello americano, che è il terzo acquirente di prodotti made in Italy dopo Germania e Francia.
Tre giornate
Il calendario si snoderà in tre giornate:
21 aprile ore 15:00 – 18:30 con un seminario sul settore arredo-casa e sul contract;
22 aprile ore 15:00 – 18:30 con un seminario sul settore agroalimentare, vini e bevande;
23 aprile ore 15:00 – 19:00, quando è in programma un one-on-one meeting tra Pmi registrate e gli esperti invitati come relatori.
Quanto a questi ultimi, sono stati selezionati tra i più importanti avvocati, commercialisti e professionisti che operano negli Stati Uniti. Tratteranno tematiche relative alle questioni commerciali, doganali, amministrative, finanziarie e fiscali legate all’espansione di un’attività imprenditoriale nel Paese
La partecipazione delle Pmi italiane include la sessione informativa del settore di pertinenza e la giornata di incontri individuali con i relatori. Maggiori informazioni e modalità di iscrizione sono disponibili sul sito
La Camera di Commercio Italiana a Miami (Italy-America Chamber of Commerce Southeast) presenta un esclusivo evento, su piattaforma digitale, dedicato allePMI italiane interessate ad accedere al mercato degli Stati Uniti, con un focus specifico sui settori arredo-casa ed agroalimentare.
L’evento, gratuito ed in lingua italiana, presenterà esperti di settore e testimonianze di manager ed imprenditori che dialogheranno sui più importanti aspetti strategici e operativi relativi all’espansione su un mercato di grande importanza per l’export italiano come quello degli USA. Gli Stati Uniti, infatti, dopo Germania e Francia rappresentano il terzo compratore di prodotti italiani per un valore di 49,5 miliardi di dollari nel 2020.
Una terza giornata conclusiva -organizzata su una piattaforma digitale all’avanguardia- sarà dedicata agli incontri individuali in modalità speed meeting tra le PMI registrate e gli esperti: un’esclusiva opportunità di consulto mirato alle proprie esigenze.
Programma dell’evento
21 aprile ore 15:00 – 18:30 seminario su settore arredo-casa e contract
22 aprile ore 15:00 – 18:30 seminario su settore agroalimentare, vini e bevande
23 aprile ore 15:00 – 19:00one-on-one meeting tra PMI registrate e gli esperti invitati come relatori
I relatori
I relatori dell’evento sono stati selezionati dalla nostra Camera di Commercio tra i più qualificati avvocati, commercialisti e professionisti che operano negli Stati Uniti. Tratteranno tematiche relative alle questioni commerciali, doganali, amministrative, finanziarie e fiscali legate all’espansione di un’attività imprenditoriale negli Stati Uniti. Parteciperanno in qualità di testimonial, alcuni imprenditori italiani che hanno già investito in modo strutturato nel mercato americano, per condividere con il pubblico esperienze utili, strategie che hanno contribuito al loro successo ed anche errori commessi.
Iscrizioni
La partecipazione delle PMI italiane è gratuita ed include la sessione informativa del settore di pertinenza e la giornata di incontri individuali con i relatori. Maggiori informazioni e modalità di iscrizione sono disponibili sul sito: https://bec.iaccse.com/meet-us/
Le prospettive del settore arredo negli USA
Negli USA, l’Italia detiene la sesta posizione tra i fornitori stranieri di prodotti d’arredo, ed una leadership nel segmento lusso. Nel 2020 il valore totale delle nostre esportazioni nel settore arredamento ed edilizia è stato di 2.599 milioni di dollari. A causa della crisi determinata dal Covid-19 si è registrata una flessione dell’8,4% rispetto al 2019.
Nonostante questa battuta d’arresto, si prevede che il mercato americano del settore arredo-casa e contract crescerà di ben il 24,4% nei prossimi cinqueanni sulla scia di un nuovo impulso edilizio e di una maggiore attenzione che i consumatori daranno alle proprie case anche come luogo di lavoro. Per il 2025 si prevede che il volume d’affari del settore arredo negli USA raggiunga la cifra di 145 miliardi di dollari (primo mercato al mondo).
L’impatto della generazione dei millennials, che rappresenta il 22% della popolazione ed è quindi il più grande gruppo generazionale tra i consumatori statunitensi, si fa sentire per quanto riguarda una maggiore attenzione alla modularità e all’acquisto di prodotti le cui materie prima sono ricavate attraverso lavorazioni sostenibili e rinnovabili. In particolare, il mercato dell’arredo esterno, il più attento ai temi della sostenibilità, è quello che sta crescendo maggiormente: si stima che nei prossimi anni possa raggiungere un valore totale di 23 miliardi di dollari.
Le prospettive del settore agroalimentare negli USA
L’agroalimentare italiano è l’unico settore del nostro export che non ha registrato flessioni dovute alla pandemia.Infatti le esportazioni di cibi e bevande “Made in Italy” verso gli Stati Uniti è aumentata del 2,5% tra 2019 e 2020 raggiungendo 5.519 milioni di dollari. Prodotti quali vino, olio d’oliva, pasta, formaggi, acque minerali, aceti importati dall’Italia hanno mantenuto una salda posizione di leadership sul mercato USA.
Fondamentale per la competitività dei nostri prodotti sarà l’investimento per assicurarne la reperibilità online. Anche per i prodotti alimentari gourmet il canale e-commerce sta assumendo un’importanza sempre maggiore. Le nuove frontiere del marketing agroalimentare negli Stati Uniti toccano le tematiche care al consumatore moderno, quali i prodotti biologici, gluten-free e con packaging sostenibili e riciclabili. Tutto questo è legato all’avvento della generazione cosmopolita dei millennial come maggiore fascia di consumatori negli USA. Una generazione molto più attenta delle precedenti alla qualità ed ecosostenibilità’ dei prodotti.
Da sottolineare anche il nuovo scenario in ambito commerciale. La nuova amministrazione Biden-Harris ha annunciato la sospensione temporanea dei dazi doganali sui prodotti agroalimentari, dando quindi ancora più ossigeno e offrendo nuove opportunità agli operatori del settore.
Articolo a cura di: Dott. Giuseppe Brusa, GC Consultants
Una premessa importante deve essere fatta per introdurre i concetti fiscali di cui vogliamo trattare in questo breve articolo.
Gli Stati Uniti sono una federazione di 50 Stati e un Distretto, tutti con un proprio e distinto ordinamento fiscale in aggiunta e separato da quello Federale.
Detto questo, come conseguenza del verdetto della Corte Suprema nell’Ottobre 2018 nel caso “Quill”, la possibilità, per gli Stati della Federazione americana di imporre la loro legislazione fiscale anche su entità non presenti in quello Stato, è diventata molto più semplice e l’esposizione a questo rischio da parte delle società è aumentato esponenzialmente.
Il concetto di “Nexus” si rifà a quello di connessione, che, nel contesto dell’applicazione delle imposte statali, si riferisce al diritto costituzionale che deve essere riscontrato perché’ uno stato della Federazione possa applicare le proprie regole fiscali ad una entità che operi transazioni commerciali all’interno dei confini dello Stato stesso.
A complicare ulteriormente la materia del contendere, uno Stato può considerare una organizzazione, legalmente costituita al di fuori dei propri confini e al di fuori dagli U.S.A., soggetta alle proprie imposte , anche se a livello Federale la stessa società è protetta da imposizione Federale nel caso non esista una presenza attraverso stabile organizzazione sul territorio degli U.S.A.
Per cui , per esempio, possiamo riscontrare situazione dove una società “ straniera”- una S.p.a. italiana-che e’ protetta grazie al trattato USA-Italia per la definizione del concetto di stabile organizzazione e che presenta in forma protettiva dichiarazione fiscale federale a zero, possa però essere soggetta a imposizione statale sul reddito o sulle Sales Tax.
Storicamente il concetto di “Nexus” veniva applicato dai vari Stati in caso di connessione “fisica” con lo Stato. Proprietà di beni nello Stato o la presenza di personale che presta servizi o sollecita attività commerciale nello Stato sono esempi di presenza fisica e “nexus” in quello Stato.
Con la sentenza “Quill” dell’Ottobre 2018 questo concetto di “nexus” si è allargato ad un “Nexus economico”: vale a dire anche alle situazioni in cui una società è presente in quel mercato statale solo con le proprie vendite, anche senza altra connessione “ fisica”.
In aggiunta, bisogna specificare che ogni Stato applica questo concetto di “economic nexux” con parametri diversi tra loro e nello stesso stato, per l’applicazione di questo concetto, vi sono diversità di parametri nel caso si tratti di corporate income tax (CIT) o di Sale Tax-Use Tax ( tasse statali indirette sulle vendite al consumatore finale di beni o servizi)
Per esempio:
Il New York State ha differenti definizioni per “economic nexus” che riguardi le corporate income tax o le sales tax.
Se un’entità, non registrata e non presente fisicamente nello stato di New York, vende più di $ 500,000 e ha più di 100 transazioni con clienti in New York State, rientra nella casistica di avere un “nexus economico” con lo Stato di New York per quanto riguarda le sales tax; mentre la stessa entità non ha un “nexus economico” con lo Stato di New York per quanto riguarda le corporate income tax fino a quando il volume di vendite in NYS non raggiunga $ 1,000,000.
Nell’intera Federazione sono solo tre gli S tati che non hanno ancora applicato nel loro ordinamento fiscale il concetto di “economic nexux”, sia a livello di corporate income tax sia a livello di Sales Tax: questi Stati sono la Florida, il New Hampshire e il Missouri ( Delaware, Montana, e Oregon non hanno ordinamento e relativo alle sale tax)
E’ chiaro, per concludere, che la particolare configurazione fiscale degli Stati Uniti e dei suoi Stati richieda un’analisi sempre più necessaria delle varie connessioni sul territorio per applicare la corretta valutazione e “compliance” fiscale.
Il prestigioso quotidiano economico-finanziario “Il Sole 24 Ore” ha pubblicato, nella sua edizione di sabato 16 gennaio, un articolo su Miami e sulla crescente dinamicità economica dell’intero Southeast degli USA e anche di ciò che la Italy-America Chamber of Commerce Southeast sta facendo con il canale video-educational “Business Expert Channel” per accompagnare le PMI nel loro percorso di approccio a questo mercato strategico per il Made in Italy. La pandemia non ha fermato lo sviluppo urbanistico e gli investimenti in infrastrutture. Molte le imprese italiane protagoniste e tante opportunità per le nostre aziende.